UN ACQUARIO PARTICOLARE (parte seconda)
La scelta delle piante
Inserito il fondo, ed una piccola radice molto ramificata per completare un arredamento piuttosto semplice ma non per questo meno suggestivo, era finalmente giunto il momento di procedere alla scelta delle piante che sarebbero state le protagoniste indiscusse del nostro acquario insieme a quei micro e macro invertebrati di cui ci aspettavamo il "fiorire".
Considerando le dimensioni della vasca e la mancanza del riscaldatore, si perpetrò sin da subito una sorta di selezione naturale nei confronti di quali piante si sarebbero potute ospitare. Inoltre la scelta venne condizionata anche dalla non eccessiva disponibilità di radiazione luminosa che si sarebbe riversata nella colonna d'acqua ad opera di 2 lampade PL per un totale di 16 watt. Malgrado le limitazioni, quello che si cercò di ricreare era una corretta combinazione tra piante acquatiche e palustri non tanto secondo rigide regole di carattere estetico, a cui peraltro si diede la giusta importanza, ma anche e forse soprattutto in funzione della crescita e del ruolo che sarebbero andate ad esercitare nel regolare il piccolo ecosistema che stava nascendo. La prima ed indiscussa scelta ricadde volutamente su una pianta acquatica a crescita rapida, Egeria densa, conosciuta anche come "peste d'acqua" per le sue capacità infestanti. Proprio per questo ritenemmo che ben si prestava ad essere inserita in un acquario dove sin da subito si prospettava un'abbondante concentrazione di nutrienti. Inoltre, la temperatura per la maggior parte dell'anno sarebbe stata intorno ai 22 °C toccando anche valori di 19-20°C e dunque perfettamente rispondente alle sue esigenze. Nella parte centrale anteriore dell'acquario si decise d'inserire il cultivar Cryptocoryne wendtii tropica.
Queste piante palustri associano all'aspetto decorativo del fogliame, la caratteristica di ancorarsi nel fondo con radici robuste e ben sviluppate, aspetto che non ci sentivamo di trascurare in un acquario nel cui fondo era stato inserito terriccio da giardino. La rizosfera che presumibilmente si sarebbe andata a creare intorno alle radici rappresenta l'ambiente aerobico idoneo all'instaurarsi dell'attività batterica indispensabile alla degradazione del materiale organico in forma disponibile ad essere assorbito dalle radici delle piante. Inoltre il cultivar della Tropica a fogliame marrone ci sembrava potersi inserire molto bene in un arredamento basato pressoché esclusivamente su elementi naturale. La colorazione non omogenea delle foglie ellittiche a margine ondulato dove marrone e verde si fondono in sfumature più o meno evidenti, talvolta conferendo un aspetto marmorizzato andava a richiamare il colore del legno posto in posizione centrale rendendo il tutto molto godibile.
Più piccole ma non per questo meno decorative non potevano mancare a tenerle compagnia un gruppetto di Cryptocoryne becketti posizionate in primo piano davanti al legno. Le piccole dimensioni le rendevano adatta a completare la parte anteriore dell'acquario lasciando libero lo spazio centrale ad una pianta che potesse rappresentare il fulcro dell'acquario pur senza predominare sulle altre. Le caratteristiche chimico-fisiche dell'acqua parevano, inoltre, ideali all'introduzione di Vallisneria spiralis, una pianta che, per chi scrive, è sinonimo di acquario ed acquariofilia. Le sue foglie nastriformi a lamina stretta potevano completare la parte destra dell'acquario da cui poi estendersi attraverso l'emissione di stoloni sui vetri laterali o verso il fondo, senza soffrire per una eventuale scarsità di luce nella parte basale, dovuta alla crescita di Egeria densa e come vedremo in seguito alla presenza in superficie di Lemna minor.
Lo sviluppo di un ampio apparato radicale rappresentava inoltre una caratteristica comune a tutte le piante appartenenti al genere Cryptocoryne e, dunque, utile per le ragioni già esposte. Nella parte centrale posteriore, grazie anche alla conformazione dei legni, si era creato uno spazio che pareva perfetto per l'inserimento di una pianta di Microsorum pteropus. Questa felce d'acqua è stata inserita in acquario in modo che i rizomi potessero fissarsi gradualmente sul legno. Piantarla direttamente nel fondo con un substrato come il nostro avrebbe senz'altro decretato la morte della pianta. Tra E. densa e M. pteropus venne inserita una pianta a crescita rapida come Hygrophila polysperma. La sua crescita molto rapida ed invasiva sembrava male adattarsi ad un acquario bonsai a relativamente bassa manutenzione; tuttavia l'abbondante disponibilità di potature provenienti da un'altra vasca, ci convinsero a questo piccolo "strappo" delle regole che ci eravamo prefissi. Inoltre eravamo incuriositi dalla possibilità di seguirne lo sviluppo anche in emerso. Le lamine fogliari ellittiche verdi o verdi tendenti al giallo ben contrastavano con il verde intenso di Egeria densa e di Microsorum pteropus ed armonizzavano con le sfumature marroni di Cryptocoryne wendtii tropica.
In ultimo non poteva mancare, come sempre una pianta "clandestina" come Lemna minor, le cui foglie contenenti microbollicine d'aria permettono alla pianta di fluttuare liberamente sul pelo dell'acqua e conferiscono ad un acquario aperto quel tocco di naturalezza in più che ci piaceva molto.
Il bilancio di un'esperienza
L'obbiettivo principale che ci eravamo prefissi, all'inizio di questa nuova esperienza, era sicuramente la messa in opera di un sistema i cui interventi di manutenzione fossero molto ridotti. Inoltre, ci interessava porre in essere un ecosistema artificiale che non tracollasse dopo qualche mese di "spremitura", ma che potesse durare molto ma molto più a lungo e, per quanto possibile, mantenendo inalterate determinate caratteristiche di layout. In tal senso è stata quindi fatta la scelta del fondo, delle piante, degli elementi d'arredo e dell'illuminazione. In particolare la scelta di un terriccio con caratteristiche adatte è la parte che si è rivelata come più problematica ed impegnativa; vuoi anche per la difficoltà di reperire sul mercato un terriccio capace di fornirci le garanzie che andavamo cercando. Per quanto concerne le piante si è cercato di porre in essere un giusto compromesso tra le loro varie esigenze e caratteristiche tenendo anche conto della disponibilità d'importanti elementi nutritivi come N e P e la presenza di CO2 derivanti dai processi degradativi all'interno della vasca. Quello che avevamo fatto era realizzare un ambiente in cui i processi naturali rappresentassero la base e non l'apice della piramide della vita. Solo ricreando un ambiente in cui si dà spazio ad ogni forma di vita, nel rispetto che gli si deve, anche alla più piccola, si può pensare di riuscire a realizzare qualcosa dove poter intervenire il meno possibile. E' solo in sistemi come questi che, ad esempio, organismi come i gasteropodi o gli oligocheti, non sempre ben accetti dagli acquariofili e guardati con sospetto, vanno ad assumere un ruolo determinante nei processi di degradazione della materia organica. Il terriccio scelto si è inserito perfettamente in questa logica fornendo non solo quegli importanti elementi nutritivi di cui si è detto; ma andando anche ad esercitare un'azione regolatrice sul biota presente, certamente non trascurabile e per certi versi sorprendente. Il costante monitoraggio dei parametri chimico fisici nelle settimane e nei mesi successivi alla messa in funzione della vasca, ha rivelato un apporto quantitativamente importante di numerosi elementi nutritivi.
In particolare l'apporto in azoto e fosforo è stato in grado di sostenere per tempi medio-lunghi le esigenze delle piante senza alcuna necessità d'intervento. La crescita smisurata della Lemna ne ha rappresentato una delle prove forse più evidenti e tali da suggerirci, a causa della sottrazione in tempi molto rapidi dell'azoto dalla colonna d'acqua, di limitarne abbondantemente la proliferazione.
Anche la concentrazione del fosforo si è mantenuta elevata a lungo e su livelli molto alti ed impensabili in "normali" acquari. Tuttavia, questa disponibilità, non ha mai scatenato la proliferazione di alghe verdi filamentose non ramificate come quelle appartenenti al genere Oedogonium, caratteristiche, in particolare modo, durante le fasi di avvio di molte vasche. La ricerca e l'esame al microscopio avevano messo in evidenza anche un'"insolita" assenza di quei protisti fotosintetici che normalmente si accompagnano a tipologie di vasche certamente più comuni. Nessuna presenza di alghe rosse si è mai dovuta registrare. Questa tipologia algale è sempre stata completamente assente. Altri assenti importanti erano i cianobatteri. La ricerca ha prodotto solo dei risultati in concomitanza del filtro appeso a zainetto, dove qualche filamento di Oscillatoria princeps è stato messo in evidenza intorno al sesto mese. Ma oltre qualche sporadico filamento nella zona dove l'acqua ritornava nell'acquario formando una piccola cascatella non si sono potuti rinvenire da nessuna altra parte. La disponibilità di CO2 è sempre rimasta su livelli tali da garantire una buona crescita delle piante presenti e tale da non far rimpiangere la mancanza di apposito impianto d'erogazione della stessa. Se l'apporto in macronutrienti e in CO2 si è rivelato non necessario, non altrettanto si è potuto dire per quanto concernente i micronutrienti, la cui assenza o bassa presenza ha suggerito sin da subito la necessità di un apporto esterno che fosse adeguato alle esigenze di crescita delle piante ospitate.
Conclusioni
In conclusione di questa esperienza, i cui risultati non possono che definirsi incoraggianti, ci sentiamo di consigliare questa tipologia di vasche ad un'ampia fascia di appassionati per molteplici ragioni. Le piante introdotte, se pur con relativa lentezza, sono cresciute in maniera del tutto soddisfacente e, cosa importante, sostenute solo dall'aggiunta di una piccola dose settimanale di micronutrienti. Inoltre, malgrado la consistente presenza di N e P le alghe non hanno mai rappresentato un problema. Gli unici protisti fotosintetici di una qualche importanza, sono state le diatomee la cui copertura, però, ha riguardato quasi esclusivamente i vetri. Queste, hanno anche sostenuto per mesi uno sviluppo massivo di ostracodi che hanno dato "colore" alla vasca, rendendola più viva ed in ultima analisi dando l'impressione di trovarsi dinanzi a qualcosa di completamente naturale. Tuttavia, data la grande varietà di terricci presenti in commercio, i risultati ottenuti non si possono generalizzare in alcun modo e, dunque, non ci resta che raccomandare prudenza e cognizione di causa a chiunque volesse seguire le nostre orme.